Lucchese 120 anni, amore senza fine
Una giornata di pioggia, una delle tante di questa città dai tratti magici e dagli scorci mozzafiato.

In pieno centro storico, in un locale posto al civico numero 28 di piazza San Michele, nei pressi dell'abside di una delle principali e più belle chiese cittadine, il 5 maggio 1905 nasce il calcio a Lucca.
Una giornata di pioggia, una delle tante di questa città dai tratti magici e dagli scorci mozzafiato. In pieno centro storico, in un locale posto al civico numero 28 di piazza San Michele, nei pressi dell’abside di una delle principali e più belle chiese cittadine, il 5 maggio 1905 nasce il calcio a Lucca.
Sono due emigrati lucchesi all’estero, due tra i tanti che questa terra ha sparso per tutti gli angoli del mondo, a fondare il Lucca Football Club: si chiamano Felice e Vittorio Menesini, e sono da poco rientrati dal Brasile con nella valigia un pallone di cuoio e tanta voglia di dare vita ad una storia che andrà ben oltre la loro personale esistenza. Insieme a loro, tra i fondatori ritratti in una foto con i calici in alto in segno di augurio per la nuova avventura, anche Ernesto Matteucci, anch’esso rientrato in Patria. Sceglieranno i colori rossoneri, in omaggio al Milan che già all’epoca si stava facendo ammirare.
Dal 2023, sulla facciata del palazzo che ha ospitato la nascita del club c’è affissa una targa comunale destinata a ricordare per sempre l’avvenimento. Il primo presidente è Lavoratorini che sarà anche il primissimo capitano.
La sede sarà una scuderia di proprietà di uno dei fratelli Menesini, il campo di gioco sarà più volte cambiato, ma i primi calci verranno dati nei pressi di Porta Elisa: era evidentemente destino, visto che proprio nei pressi di quella porta cittadina negli anni Trenta verrà più tardi edificato lo stadio che ancora ospita i rossoneri.
In quell’inizio secolo, dopo i prati di Porta Elisa e alcune gare in piazzale Verdi in centro storico, si passerà a Piazza d’Armi, vicino all’attuale ospedale di Campo di Marte, ma alcune gare vengono disputate anche al campo Balilla, proprio sotto le Mura. Gli anni dell’avvio dell’attività trascorrono tra alcune gare amichevoli, poi nel 1907 ecco la partecipazione al primo campionato di Prima Divisione.
Tra i giocatori, si mette subito in luce, Jack Battaglini che sarà capitano dei rossoneri per dieci anni divenendo uno delle figure più conosciute di quell’epoca pionieristica.
Virtus e Spes Livorno, Pisa, Prato, Itala e Libertas Firenze, Viareggio: le partite in cui sono impegnati i rossoneri non possono che richiamare il campanile, che da queste parti va avanti da secoli e che continua a trovare cittadinanza anche ai giorni nostri.
La squadra disputa i campionati Promozione, ma di frequente le gare saltano, perché gli ospiti non riescono, visti i trasporti con mezzi di fortuna, a arrivare dalle città vicine.
Siamo davvero agli albori del calcio: niente affari, solo passione. Il primo campionato a regalare qualche soddisfazione è quello del 1914-1915, quando i rossoneri si piazzano secondi dietro al Pisa nel campionato di Prima Categoria.
Poi il calcio va drammaticamente in soffitta: il rombo dei cannoni della Grande Guerra interromperà tutti i tornei, molti dei giocatori saranno chiamati alle armi per concludere vittoriosamente l’impresa risorgimentale e restituire all’Italia le sue terre settentrionali e orientali.
Il Lucca FBC non fa eccezione e l’attività viene sospesa.
A guerra vinta, il pallone riprende a rotolare, prima di tutto grazie a Enrico Bonino che, tornato dalle trincee si danna l’anima, nonostante le ferite riportate che ne causeranno poco dopo la morte, per far ripartire il calcio.
I locali della Fanciulla del West di via Mordini ospitano la rifondazione, ma c’è un importante cambio nel nome: da ora in avanti i rossoneri si chiameranno Unione Sportiva Lucchese.
Si riparte dal torneo di Promozione e nel 1920 la formazione sarà protagonista di vero e proprio tumulto popolare nel derby di Viareggio durante il quale morirà ucciso un guardalinee. Si scatena un inferno in tutta la città di mare e serviranno alcuni giorni e duemila militari inviati d’urgenza per sedare la rivolta.
Finito il campionato, la Lucchese gioca e vince la Coppa organizzata dal Comitato Regionale Toscano. E’ il primo trofeo della sua ancora giovane storia.
Cresce l’entusiasmo per il calcio in tutta Italia e anche Lucca fa la sua parte nell’alimentare quello che ormai è lo sport più popolare: al Campaccio, questo il nome dell’impianto situato al Campo di Marte, si radunano sino a 2500 persone per assistere a una sequenza infinita di accesi derby, molto spesso movimentati da incidenti.
Risalgono al 1921 le prime convocazioni in azzurro di giocatori della Lucchese, convocazioni che arrivano anche grazie ai risultati positivi della squadra: l’onore sarà riservato a Johnny Moscardini e Bonino. Saranno i primi convocati di formazioni del Centro Italia ad avere l’onore di vestire la maglia della Nazionale. In quella stagione la Lucchese arriva anche in semifinale di Coppa Italia.
Risalgono al 1921 le prime convocazioni in azzurro di giocatori della Lucchese, convocazioni che arrivano anche grazie ai risultati positivi della squadra: l’onore sarà riservato a Johnny Moscardini e Bonino. Saranno i primi convocati di formazioni del Centro Italia ad avere l’onore di vestire la maglia della Nazionale. In quella stagione la Lucchese arriva anche in semifinale di Coppa Italia.
E proprio sul finire del decennio, sportivamente parlando vissuto tra alti e bassi una costante della storia rossonera, arriva la prima promozione in Serie B: la Lucchese supera in uno spareggio la Rivarolese, disputato sul campo neutro di La Spezia, e vola finalmente nella categoria superiore.
E proprio sul finire del decennio, sportivamente parlando vissuto tra alti e bassi una costante della storia rossonera, arriva la prima promozione in Serie B: la Lucchese supera in uno spareggio la Rivarolese, disputato sul campo neutro di La Spezia, e vola finalmente nella categoria superiore.
La sofferta promozione in Serie B dura solo un anno: nel 1931 la Lucchese perde lo spareggio salvezza di Bologna contro l’Udinese e torna mestamente in terza serie.
Gli spareggi non portano comunque bene ai rossoneri: nel 1933, il Viareggio va in B proprio a danno della Lucchese al termine di una gara giocata a Livorno.
Ma la promozione è solo rimandata di un anno: arriva nel ’34 con i rossoneri che fanno il vuoto.
La società è solida e nelle mani di un ingegnere, Giuseppe Della Santina, che sarà in grado di regalare soddisfazioni a getto continuo. Prima regalando alla città uno stadio, il Porta Elisa, dalle linee architettoniche straordinariamente affascinanti nel suo stile razionalista, la cui inaugurazione ufficiale, si tenne, dopo una costruzione a tempo di record, nel gennaio del ’35
poi confezionando una squadra in grado, nella stagione 1935-36, di conquistare la Serie A e levarsi numerose soddisfazioni anche contro gli squadroni.
Dietro i trionfi del campo – sia il ritorno in B che l’approdo in A – non c’è solo Della Santina, ma anche uno straordinario allenatore, divenuto poi leggenda: Egri Erbstein. Il tecnico magiaro, all’avanguardia sia come tattico che nella gestione dei rapporti umani, sarà a Lucca sino al 1938, quando passerà al Torino dove trionferà ripetutamente, portandosi dietro, tra gli altri, anche il portiere campione del Mondo, Aldo Olivieri.
Dietro i trionfi del campo – sia il ritorno in B che l’approdo in A – non c’è solo Della Santina, ma anche uno straordinario allenatore, divenuto poi leggenda: Egri Erbstein. Il tecnico magiaro, all’avanguardia sia come tattico che nella gestione dei rapporti umani, sarà a Lucca sino al 1938, quando passerà al Torino dove trionferà ripetutamente, portandosi dietro, tra gli altri, anche il portiere campione del Mondo, Aldo Olivieri.
Durante il periodo di guerra, la Lucchese finisce per subire l’ennesima emorragia di giocatori che partono per il fronte: la retrocessione dalla B è inevitabile, e arriva nella stagione 1941-1942 con un ultimo posto in solitudine che pare chiudere la parentesi felice degli anni Trenta.
La guerra è ormai in casa e anche i campionati si fermano: l’Italia è spaccata in due, le truppe straniere calcano il suolo e comandano a Nord come a Sud, i drammi di una guerra civile si aggiungono a quelli di un conflitto sanguinoso e insostenibile. Si deve attendere la stagione ’44-’45 per rivedere timidi segnali di ripresa attraverso dei tornei regionali, ma sarà solo alla fine del conflitto, nella primavera del ’45 che si potrà tornare a parlare di calcio.
La Lucchese ricomincia dalla Serie C grazie anche a una rinnovata compagine societaria con Antonio Fontana, indimenticabile presidente, e trova subito la promozione in B.
Non basta: il fantastico doppio salto arriva l’anno successivo, nel ’47, i rossoneri mettono tutti alle spalle e si ritrovano in A.
Ad esaltare la folla del Porta Elisa sarà prima di tutto Danilo Michelini, alla sua seconda esperienza (da nativo di Lucca) con la maglia della squadra della sua città che guiderà dalla C alla A dopo averla indossata già negli anni Trenta. In panchina, c’è un altro mito della Lucchese: Aldo Olivieri che con questa maglia centra la promozione sia da calciatore che da tecnico per poi però passare al Viareggio.
Nella massima divisione i rossoneri si trovano a loro agio. Lo stadio è regolarmente pieno (il massimo delle presenze si registrerà per un Lucchese-Fiorentina del ’48 con 23mila spettatori con i rossoneri primi in classifica che umiliano i viola con un secco 4-0), la squadra regala spettacolo e gol, prima di tutto da Fabian e Conti.
Alla fine di quel campionato, la Lucchese sarà ottava, il suo miglior piazzamento di sempre. I rossoneri si fanno temere su tutti i campi.
Complici le cessioni dei principali giocatori, la Lucchese, non senza difficoltà, riesce a salvarsi nella stagione 1950-51, ma la retrocessione è solo rimandata di un anno.
E sarà dolorosissima.
I rossoneri si giocano un doppio spareggio salvezza con la Triestina.
Prima a Bergamo e finisce 3-3 ai supplementari, grazie a una rete sul finire di Maestrelli, il futuro allenatore della Lazio campione d’Italia del 1974, poi nella ripetizione della gara a Milano vincono gli alabardati per 1-0. Il sogno della serie A termina il 6 luglio 1952. Ma il peggio deve ancora arrivare.
L’anno successivo la Lucchese arriva ultima in B e finisce in terza serie. La caduta non ha termine e travolge il calcio rossonero: anche il campionato seguente si conclude con la retrocessione.
In tre anni la Lucchese passa dalla A alla quarta serie: un incubo, condito da una situazione societaria alquanto instabile.
Tra i giocatori, si evidenziano Scarpato e il lucchese Catelli.
A riprendere in mano la situazione è il presidente Della Santina che prova a risollevare le sorti del club, mentre i rossoneri vagano su campi sperduti di provincia.
Non basta riportare in panchina Olivieri per scalare la classifica e non basta nemmeno scovare un giovane attaccante lucchese, Luigi Toschi, che finirà alla Sampdoria per ritrovare la promozione: la Lucchese non riesce ad uscire dall’anonimato e anche Della Santina passa la mano.
Tra i tifosi lo scoramento è ai massimi livelli. La C viene comunque ritrovata a tavolino, alla fine di una stagione, la 1957-58, dai risultati mediocri: la Lucchese viene comunque inserita in terza serie per meriti sportivi e l’anno successivo mantiene la categoria. Alla guida societaria arriva Mario Frezza che dà vita a una compagine ben organizzata che si piazza nel campionato 1959-60, con mister Zavatti in panchina, al terzo posto e mette in mostra elementi importanti come Mantovani e Mannucci, entrambi capaci di andare oltre le dieci reti.
Il decennio parte nel migliore dei modi per la Lucchese che vince il campionato e torna, dopo tante amarezze, in Serie B.
La serie C, per tutti gli sportivi rossoneri che ancora ricordano i tempi della Serie A, non può che essere una tappa intermedia, un trampolino di lancio.
Con una sola promozione per girone, ogni anno il copione è il solito: l’illusione estiva cozza con la realtà che vede i rossoneri sempre nelle prime posizioni, ma non in grado di spiccare il volo.
La Serie B è ormai il chiodo fisso. Nell’estate del campionato 1976-1977, a Lucca arriva un infaticabile e indimenticabile personaggio del calcio italiano: Romeo Anconetani che va a affiancare il presidente Vannucchi. Sceglie come tecnico Meregalli e poi costruisce, insieme al figlio, una squadra di uomini.
Il primo anno arriva un quarto posto.
L’entusiasmo cresce, i clubs dei tifosi rossoneri spuntano come funghi in tutta la provincia e oltre.
La Serie B è ormai il chiodo fisso. Nell’estate del campionato 1976-1977, a Lucca arriva un infaticabile e indimenticabile personaggio del calcio italiano: Romeo Anconetani che va a affiancare il presidente Vannucchi. Sceglie come tecnico Meregalli e poi costruisce, insieme al figlio, una squadra di uomini.
Il primo anno arriva un quarto posto.
L’entusiasmo cresce, i clubs dei tifosi rossoneri spuntano come funghi in tutta la provincia e oltre.
La gara delle gare è fissata per il 12 marzo ’78, a Ferrara.
Gli estensi hanno un leggero vantaggio in classifica, la Lucchese vola sull’entusiasmo della sua gente: in 6.000, con tre treni speciali, raggiungono la città emiliana per vivere un sogno impersonificato da un ragazzino che, prima della partita, scavalca la rete e pianta una bandiera rossonera in campo.
I rossoneri vanno in doppio vantaggio, dominano, nella ripresa gli emiliani, complice un arbitraggio decisamente casalingo, accorciano con un rigore inesistente e poi trovano il pari. Il campionato sarebbe ancora lungo, ma i rossoneri accusano il colpo e mollano.
E’ una delusione cocente a cui segue anche l’addio di Anconetani. L’anno successivo c’è persino la retrocessione in Serie C2 (una categoria appena creata).
Alla retrocessione in C2 fanno seguito una serie di campionati di media classifica associati a continue crisi societarie che portano il club in gravissime difficoltà economiche.
Tutto cambia con il 1984, quando alla Lucchese si avvicinano Egiziano Maestrelli e Aldo Grassi, due imprenditori della grande distribuzione che scommettono sulla città.
Prima una sponsorizzazione, poi l’acquisizione del club permettono di tornare a sognare.
Nella stagione 1985-1986, la Lucchese, con Renzo Melani in panchina, centra la promozione a Civitavecchia grazie a una punizione di Salvi.
I tifosi arrivati sino nel Lazio in treno trovano al ritorno uno spettacolo indescrivibile con migliaia di lucchesi fuori dalla stazione per festeggiare insieme.
Ma siamo solo all’inizio: Maestrelli chiama come diesse Pino Vitale che, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno, assemblea la squadra dei sogni.
Sulla panchina, nel frattempo, è arrivato Corrado Orrico che dopo un campionato di rodaggio mette la quinta.
La sua squadra dà spettacolo su tutti i campi con il suo gioco moderno a viso aperto e si assicura la promozione in Serie B dopo 27 anni: è la stagione 1989-1990. Pinna, Fiondella, Vignini, Montanari, Pascucci, Monaco, Russo, Giusti, Donatelli, Di Stefano, Simonetta, Paci sono destinati a rimanere per sempre nella memoria collettiva.
Così come la festa promozione in un Porta Elisa stipato all’inverosimile contro il Casale: la corsa verso la Curva Ovest del duo Maestrelli e Orrico è l’immagine di quello che il calcio può regalare a livello emotivo.
I rossoneri guadagnano anche la finale di Coppa Italia di C e vincono il trofeo ai rigori nel catino bollente di Palermo davanti a 30 mila tifosi rosanero: la gara viene decisa ai rigori. La città impazzisce, i festeggiamenti vanno avanti sino al giorno dopo quando in moltissimi si presentano all’aeroporto di Pisa per scortare i giocatori sino al Porta Elisa. Li attendono migliaia di persone.
La Serie B elettrizza tutti: crescono gli spettatori e l’entusiasmo, lo stadio viene ampliato nel settore ospiti destinato ad accogliere tifosi di tante squadre blasonate.
La favola della Lucchese che gioca, diverte e vince conquista tutti, ben oltre i confini della città.
Le reti di Paci, le giocate di Rastelli, le geometrie di Monaco, gli interventi difensivi di Montanari, l’estro di Donatelli esaltano gli amanti del calcio: Orrico e i suoi ragazzi sono protagonisti anche del primo campionato di Serie B dove sfiorano, con molti rimpianti, il salto nella massima serie.
Prima ancora che finisca la stagione, il tecnico decide di accettare la proposta dell’Inter: il contraccolpo si vede e la squadra, complici numerosi infortuni, rallenta. Il sogno sfuma. Nel frattempo, al suo posto, nella stagione successiva, arriva un altro tecnico che si farà conoscere in tutto il mondo: Marcello Lippi, già ex capitano rossonero.
La Lucchese è stabilmente in Serie B, da qui passano molti giocatori e allenatori poi approdati in categoria superiore, solo in una circostanza rischia la retrocessione. Nella stagione 1995-96, invece, sfiora ancora la Serie A con Bolchi in panchina, ma anche stavolta la speranza si spegne negli ultimi turni di campionato.
La proprietà di Maestrelli e Grassi dà vita a una politica di diminuzione dei costi (gli introiti televisivi ancora non esistono) e sul campo la squadra, rivoluzionata in ogni stagione, trova qualche difficoltà riuscendo comunque a salvarsi.
I tifosi cominciano a rumoreggiare, Maestrelli si dichiara disposto a farsi da parte. Il punto di non ritorno è la stagione 1998-99. I cambi di allenatore a ripetizione, una squadra non all’altezza e le dimissioni del presidente provocano la retrocessione: dopo quasi dieci anni è di nuovo Serie C1.
Al comando del club resta Grassi, ma è tutto da ricostruire: viene richiamato l’amuleto Orrico, dopo l’esonero di Discepoli, ma la Lucchese si perde alla distanza e non centra nemmeno i playoff.
Grassi è sempre più solo alla guida del club, gli imprenditori locali fanno orecchie da mercante. In queste condizioni non è facile allestire una squadra competitiva.
La stagione giusta sembra quella 2001-2002: l’ex rossonero Donatelli, ora direttore sportivo, costruisce una squadra di tutto rispetto che arriva ai play off grazie anche alle reti di Toni Carruezzo.
Negli spareggi, la Lucchese, guidata da D’Arrigo, se la deve vedere in finale con la Triestina.
All’andata finisce 2-0 per gli alabardati; al ritorno, in un Porta Elisa strapieno e con le attuali curve da poco costruite, i rossoneri la ribaltano: i tempi regolamentari finiscono 3-1.
Ai supplementari, l’occasione della vita capita all’uomo simbolo: Carruezzo va a battere un rigore che avrebbe potuto chiudere i conti.
In un silenzio irreale, il capitano calcia il pallone, spiazza il portiere, ma il tiro si stampa sul palo.
Il contraccolpo è durissimo, gli ospiti trovano due gol e vanno in B.
Lucca sprofonda nella delusione, ma a notte fonda centinaia di tifosi vanno sotto casa di Carruezzo per incoraggiarlo.
La squadra vivacchia in C per alcuni anni, poi, nel 2005, proprio nell’anno del centenario del club, arriva un imprenditore di origine siriana Fauzi Hadj che riaccende gli entusiasmi. Vengono allestite squadre con dispendio di denaro, incapaci però persino di centrare i play off.
Nel 2008, il castello si sgretola: Hadj in crescente difficoltà economica e con i conti esteri bloccati (subirà poi anche un arresto per bancarotta fraudolenta) non è in grado di far fronte.
La squadra vivacchia in C per alcuni anni, poi, nel 2005, proprio nell’anno del centenario del club, arriva un imprenditore di origine siriana Fauzi Hadj che riaccende gli entusiasmi. Vengono allestite squadre con dispendio di denaro, incapaci però persino di centrare i play off.
Nel 2008, il castello si sgretola: Hadj in crescente difficoltà economica e con i conti esteri bloccati (subirà poi anche un arresto per bancarotta fraudolenta) non è in grado di far fronte.
Nel 2011 la società a guida Giuliani e Valentini fallisce.
La Lucchese deve ripartire dall’Eccellenza con il nome di FC Lucca.
A risollevare le sorti del club è un gruppo di imprenditori locali guidati da Nicola Giannecchini, con Bruno Russo nelle vesti di direttore e Giacomo Lazzini in panchina: è subito Serie D.
In campo si mette in evidenza Marcos Espeche, destinato a divenire una delle bandiere del club.
Nella stagione 2013-2014 viene recuperata la denominazione Lucchese Libertas: il marchio è stato acquistato all’asta fallimentare dalla cooperativa di tifosi di Lucca United. In quella stagione, con presidente Andrea Bacci e in panchina Guido Pagliuca, viene ritrovata la Serie C.
Accade nell’ultima gara in casa della Correggese che precede i rossoneri in classifica. Ai tifosi vengono dati solo poche centinaia di biglietti, in molti partono senza e verranno collocati in un prato vicino all’impianto. Dopo aver recuperato lo svantaggio con Aliboni, il gol decisivo arriva a tempo scaduto ad opera del giovane Pecchioli che manda in delirio i tifosi.
A inizio 2017 Bacci se ne va: l’azienda con cui controllava il club è in gravi difficoltà.
Al suo posto, Arnaldo Moriconi. In quella stagione la Lucchese si ferma solo contro il Parma nei quarti di finale playoff. Nella stagione 2018-2019, Moriconi cede il club a alcuni soggetti privi di ogni capacità economica: è un’odissea con 25 punti di penalizzazione.
La squadra, guidata da Favarin, reagisce splendidamente: senza stipendi, centra prima i playout, poi la salvezza ai rigori a Bisceglie.
Un miracolo sportivo, ma la fine societaria (cui seguirà un procedimento penale per bancarotta fraudolenta) è certa: è il terzo fallimento.
Si riparte dalla Serie D con il nome di Lucchese 1905.
La società, guidata da Deoma-Santoro-Russo-Vichi, centra subito la promozione in C con Monaco in panchina.
E’ l’anno della pandemia: a marzo i campionati vengono sospesi e mai più ripresi, la Lucchese è in testa e viene congelata la classifica.
Nei primi campionati del decennio in corso, la Lucchese, nonostante gli esigui mezzi finanziari a disposizione, riesce comunque a centrare due volte i play off con in panchina prima ancora Pagliuca e poi Maraia.
Sono tornei senza particolari sussulti, ma che comunque consentono di tenere il club in una situazione di tranquillità, mentre si affaccia la possibilità, poi svanita nel nulla, di una completa ricostruzione del Porta Elisa ad opera di un consorzio di aziende.
Nel 2023, i quattro soci decidono di passare la mano: la situazione finanziaria non consente, in assenza di aiuti da parte del ricco tessuto industriale cittadino, di andare oltre.
All’orizzonte di profila così l’imprenditore trapanese Andrea Bulgarella, che rileva il club nella primavera di quell’anno.
Le dichiarazioni di intenti si sprecano, i progetti di campionati di vertice si susseguono.
Ma nel concreto, a parte un contestato cambio di marchio con il vecchio stemma che finisce in soffitta, c’è ben poco.
La squadra allestita per il campionato 2023-24 ha evidenti limiti e il tecnico Giorgio Gorgone riesce comunque a portarla in semifinale di Coppa Italia e in una posizione di centroclassifica in campionato.
L’anno in corso, invece, riserva il colpo di scena: Bulgarella e il suo gruppo se ne vanno, dopo aver negato per mesi l’ipotesi di un abbandono e in estate aver rilanciato le ambizioni.
Nel gennaio del 2025, arriva la prima cessione, poi una seconda a febbraio e una terza a marzo: tutte nelle mani di soggetti incapaci di pagare una sola scadenza degli stipendi e più in generale di fra fronte alle spese aziendali.
Il club viene penalizzato di sei punti, Gorgone e i giocatori sono soli, come nel 2019 lo fu Favarin e il suo gruppo.
Come allora si mobilitano i tifosi che pagano trasferte e spese di apertura del Porta Elisa con l’ennesimo atto di amore.
La tifoseria rossonera ha vissuto e sta continuando a vivere momenti di alti e soprattutto di bassi.
Da troppi anni, Lucca è alla ricerca di una stabilità societaria che possa consentire, al pari di quello successo in tante altre piazze, talvolta anche meno prestigiose, di poter tornare a sognare.
L’eco della lunga permanenza in Serie B degli anni ’90 del secolo scorso si è ormai sopita. Da allora, tanti fallimenti, tante delusioni sportive condite solo da qualche luce improvvisa nel buio.
Nonostante tutto, i tifosi non hanno mai fatto mancare il loro sostegno e in occasione delle partite di maggior richiamo hanno garantito oltre che buone presenze al Porta Elisa e nelle gare in trasferta spesso tante volte con migliaia di supporter al seguito della Pantera, alcune coreografie mozzafiato che sono rimaste nella storia del club.
Cuore pulsante del tifo, naturalmente, la Curva Ovest in grado di trascinare il resto dello stadio. E’ un tifo, quello lucchese, diverso dalle realtà circostanti, probabilmente meno chiassoso, meno appariscente, a tratti più freddo, ma comunque profondo, in grado di attaccarsi in modo viscerale a chi dimostra amore per i colori rossoneri.
Anche nel calcio Lucca è diversa, molto diversa, da chi ha vicino, come ebbe modo di ricordare alcuni anni fa l’ex tecnico rossonero Corrado Orrico: “Lucca così come è, i lucchesi così come sono, non c’entrano niente con la Toscana.
“Ho sempre considerato Lucca e i lucchesi some un’isola britannica. Questa maniera così diplomatica che hanno i lucchesi e che qualche volta che sfiora l’ipocrisia; diplomatica, educata morbida, non sono i pratesi i livornesi o i massesi. E’ un altro stile di comportamento che non c’entra nulla con il toscano. D’altronde la vostra storia è una storia diversa dalla Toscana e poi Lucca città che è un meteorite venuto giù da un’altra galassia e portata in Toscana: non c’è uguali”.