La Lucca che apparve “in guisa di boschetto” nel racconto del Sercambi lo doveva più alle numerose torri di pietra costruite all’interno che alle fronde degli olmi e dei pioppi che crescevano sulle Mura. Qui, finchè furono edificio militare, le alberature “servivano la causa” di rinforzare i terrapieni e consolidare la costruzione.
Il muro si appoggiava ai tre gradoni interni e la passeggiata non era che un camminamento per i militari. I salici, i pioppi, gli olmi, le stesse solide alberature che crescevano spontaneamente nella piana di Lucca, con buone radici e poche pretese qui crescevano per consolidare la costruzione. Non si trattava di giardini, però: l’accesso ai bastioni era proibito ai civili, perchè “zona militare”, e custodito da guardie armate che alloggiavano nelle “casermette”, sopra i bastioni, e nei “castelli” sopra le porte.
Nel XIX secolo, decaduta da tempo la vocazione militare, il loro destino naturale pare quello di trasformarsi in un parco urbano. Da un'idea della Principessa Elisa, fu però la Duchessa Maria Luisa di Borbone a dare il via ai lavori del “ pubblico passeggio”. Da piazza Napoleone, davanti al Palazzo Ducale, inizia il percorso. Un giro di platani, e poi verso il Caffè delle Mura, e ancora viali di platani fino alla rotonda delle carrozze del Baluardo San Paolino.
Da allora i bastioni che avevano ospitato fino ad allora piazze d’armi e soldati si ingentilirono di romantici giardini e viali ombrosi e si aprirono al passeggio dei borghesi. Le alberature esistenti sostituite con più eleganti, profumati e soprattutto ordinati filari di platani, lecci, tigli, su ogni cortina, alternati ad esotici ginko biloba, cedri, camelie, liriodendri, araucarie, aceri, ippocastani, dal Nuovo Mondo e dal Lontano Oriente.
Gli alberi di Lucca sono quasi tutti qui, sopra le Mura. All’interno delle Mura, pochi giardini e ben protetti, ai quali ci si può solo, talvolta, affacciare da grandi finestre per “spiare” lo spettacolo della natura. O sospinti fin sulle torri come il “giardino pensile” della Torre Guinigi, i cui lecci, piantati sulla sommità, segnalavano la torre già da lontano.
La Principessa Elisa volle fare una gran piazza da dedicare al fratello Napoleone davanti al suo bel palazzo. Ad ogni costo. Ma i soldi, appunto, mancarono e non fu possibile costruire il bel colonnato di pietre, come voleva. Per coprire quelle case, non troppo eleganti, che vi si affacciavano, si ricorse a più economiche alberature. Di olmi dapprima e poi di platani, che per l’appunto simboleggiano la carità. Questi alberi dalla corteccia maculata e larghe foglie (platys in greco) sono i più numerosi in città e sulle mura con quasi 700 esemplari, molti di notevoli dimensioni. Il tratto meglio conservato è senz'altro quello tra il baluardo Santa Maria e San Paolino, il primo a iniziare la nuova vita delle Mura di Lucca.
Il baluardo Santa Croce è concentrico: attorno al vecchio torrione quattrocentesco fu costruito il bastione delle nuove Mura nel XVI secolo. La cortina è stratificata: sotto le vecchie mura di calcare bianco, sopra la “giunta” in mattoni delle nuove mura rinascimentali. Sul piano del bastione un boschetto ordinato di aceri campestri. Alberi “domestici” nelle campagne, ma dal legno ricercato, dopo l’insegnamento del liutaio Stradivari, per la fabbricazione di violini.
La bellezza dei tigli è la sua ombra verde e leggera in primavera ed estate, in autunno il forte contrasto del fogliame giallo intenso contro la corteccia nera del tronco e dei rami. Il più comune, sulle Mura, è il tiglio nero originario dell’America del Nord, ibridato con altre autoctone, resistenti all’inquinamento. Per la sua longevità (può vivere fino a 1000 anni) è consigliato negli stemmi familiari come protettore delle casate. Nelle sere di giugno il penetrante profumo dei fiori, al baluardo San Martino, ne fa una piacevole passeggiata.
Sulla cortina tra il baluardo del Salvatore e San Pietro si passeggia all’ombra delle querce rosse che sostituiscono gli originari pioppi bianchi. Il nome dell’albero suggerisce la stagione migliore per apprezzare questa passeggiata, quando le grandi foglie si colorano di un bel rosso intenso, poi cadono al suolo con le ghiande rotonde. Nel suo paese d’origine, il Nordamerica, la quercia rossa è considerata un tramite fra gli uomini e la divinità.
La scarpata, in questo punto, mantiene una sezione simile a quella originale con gradoni a prato, rinforzati da pioppi bianchi. Il colore doppio della foglia di questo albero, simboleggia il binomio vita morte, in oriente il binomio yin yang: bianco dal colore argenteo della pagina inferiore mentre la superiore è di un verde intenso. Cresce velocemente, fornisce un legno non pregiato ma apprezzato per piccoli lavori. In primavera produce una quantità inverosimile di allegri semi volanti che tormentano gli asmatici.
La chioma scompigliata e le piccole foglie sempre in movimento dell'olmo, formano una caratteristica ombra luminosa. Sono piante autoctone tipiche delle pianure, in cui si trovano “maritati” a festoni di viti, secondo un’usanza agricola ormai in disuso. A chi si assopisce sotto le sue chiome, Morfeo evoca sogni profetici. Nel medioevo, alla sua saggia ombra, si amministrava la giustizia e, forse è un caso, ma proprio su questo baluardo si trova la “casa del boia”, l’edificio che ospitò questo lugubre funzionario fino all’abolizione della pena di morte, il 4 ottobre 1847.
Il lungo filare di bagolari, tra il baluardo del Salvatore e della Libertà fu interrotto nel 1812 per l’apertura della nuova porta Elisa. Sobrio ed elegante, dal portamento maestoso, la sua corteccia grigio piombo e le foglie allungate e scure, i semi racchiusi in nere bacche sferiche, si accontenta di terreni poveri, anche rocciosi, in cui inserisce le sue profonde radici, meritandosi il nome popolare di spaccasassi. E' uno dei grandi protagonisti del foliage autunnale cui contribuisce con variazioni di un giallo chiaro molto luminoso che rallegrano anche piovose giornate autunnali.
Dalla Libia arrivarono in Italia i primi cedri nel 1800, molto apprezzati per il portamento e per la corteccia profumata, per il legno duro e incorruttibile. Per questo è divenuto un albero assai raro anche nel paese d’origine. Nel 1822 Paolo Volpi ne volle mettere a dimora uno. Era il direttore dell’Orto Botanico Lucchese, e la sistemazione all’ingresso gli sembrò beneaugurante. Oggi è la pianta più antica dell’arboreto e una delle più grandi presenti in provincia con i suoi 5,76 m. di diametro e i 22 metri d’altezza.
Cesare Bicchi fu il direttore dell’Orto Botanico dal 1860. Appassionato di piante esotiche, non gli bastò lo spazio del giardino e si spinse sui baluardi vicini, per mettere a dimora le preziose pianticelle. Diverse conifere e alcuni cedri, una catalpa, una pawlonia, molte magnolie, alcune palme e un raro e oggi grande cipresso americano.
Con i frutti dell’ippocastano i turchi curavano la tosse dei cavalli, e da qui il nome. Secondo un credo popolare anche gli umani possono prevenire i raffreddori d’autunno portandone con se’un frutto (senza ingerirlo, è tossico!). Dai Balcani è stato introdotto in Europa come specie ornamentale, per il portamento elegante, fogliame dal disegno orientaleggiante, belle infiorescenze a grappolo. Sulle Mura ne crescono di due specie, a fiore bianco, sulla cortina tra i baluardi S. Regolo e S. Colombano, e rosso sulla cortina che va dalla porta al baluardo S. Donato.
(Fagus selvatica L.) Nella piazza d’armi del baluardo San Colombano un microclima particolare ha permesso al Faggio rosso di raggiungere dimensioni notevoli e il portamento maestoso di un grande guardiano. Protagonista di tutte le stagioni dell'anno, la sua inconfondibile chioma accoglie i passanti che attraversano la sortita del baluardo San Colombano con luminosità diverse, ma sempre spettacolari, in ogni stagione.
Liriodendro dal greco leiron, giglio, ma comunemente albero dei tulipani, colpisce per i grandi fiori che compaiono in primavera, di un colore verde limone e delicatamente profumati. Ma anche il fogliame non è meno spettacolare: col cambio delle stagioni, assume colorazioni diverse, virando dal verde pallido ad un verde intenso, al giallo oro e al rosso prima di cadere a formare un tappeto multicolore. Arrivata dall’America settentrionale, nel XVII secolo, in lucchesia è molto diffuso e naturalizzato in parchi e giardini, dove crescono esemplari di dimensioni monumentali.
Come un pennacchio, uno stendardo semprevivo, un’insegna araldica, un ciuffo di lecci segnala la torre Guinigi già da lontano. Il leccio è una delle specie simbolo della Macchia Mediterranea, diffuso in tutta l’area, dalla costa fino a 1000 metri di altezza circa nelle località con clima più mite. La quercia sacra a Zeus, nella tradizione cristiana offre il suo legno per la croce e si sacrifica per compiere le scritture. Sulle Mura di Lucca è molto diffuso, in viali nella cortina dal baluardo la Libertà al San Regolo, in esemplari singoli al baluardo San Regolo e una bella corona di lecci a ragnaia, segna anche il centro del Baluardo San Donato con un disegno tipico di molti giardini e parchi di ville storiche lucchesi.